PROIBITO NASCONDERE I DONI! DOVREMO RENDERE CONTO DI QUELLO CHE ABBIAMO FATTO.
La pagina di Vangelo della scorsa domenica con la parabola delle 5 vergini sagge e 5 vergini stolte sottolineava la dimensione della vigilanza nella vita del credente. Vigilanza che si concretizza in un’attesa attiva, che obbliga l’uomo ad assumere compiti precisi, prendere decisioni, fare delle scelte. Il Vangelo di questa 33^ domenica del Tempo Ordinario sviluppa lo stesso discorso chiarendo però il contenuto dell’attesa e specificando il dovere del credente che consiste, essenzialmente, nel “darsi da fare”. E’ una parabola che ben conosciamo fin dagli anni della catechesi: far fruttificare i talenti che ciascuno ha ricevuto! Parola che incoraggia a non stare passivi e mette in guardia dalla tentazione dell’immobilismo: costa veramente impegnarsi e allora ne faccio a meno!
Il testo ci ricorda che il talento non viene guadagnato, conquistato, meritato, ma è un dono gratuito. E’ ricevuto da Dio. Ed è dono per tutti, anche se in quantità diversificate.
L’impegno da parte nostra è dato dal riconoscere e dare risposta ad un dono che ci siamo ritrovati tra le mani. Il “darsi da fare” è allora molto importante, ma è necessario sapere “per che cosa” e “per chi”! Perfino la fede può diventare un talento “sotterrato”, e quindi sprecato, quando la consideriamo un fatto privato. Quando ci limitiamo a custodirla, a non perderla. Il Signore, infatti, chiede che anche questo talento sia trafficato.
Alla luce di questa breve riflessione, la nostra fede deve diventare contagiosa e comunicativa; una fede innocua, che non dice niente a nessuno, una fede “privata” che non si traduce in testimonianza, è un dono “inutilizzato”.
don Francesco, vostro parroco