“E’ LECITO, O NO, PAGARE IL TRIBUTO A CESARE?”
In questa 29^ domenica del Tempo Ordinario il Vangelo ci offre una delle parole più forti del Nuovo Testamento. Gesù ci invita a “rendere a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Rispondendo ad una domanda trabocchetto sulla liceità del tributo a Cesare, Gesù dà una risposta che spiazza tutti. Egli non si fa ingannare, e neppure offre una teoria politica ed economica, oppure una risposta di semplice buon senso. Chiarisce che le due autorità (Dio e Cesare) sono entrambe importanti, ma su due piani molto diversi, anche se legati tra loro (vedi le parole di Gesù a Pilato, durante il processo: “Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto” Gv.19,11a). I doni di Dio dobbiamo trafficarli nella storia, con l’atteggiamento di chi sa discernere tra ciò che spetta a Dio e ciò che spetta agli uomini.
Quello che è di Cesare, Dio non lo pretende per sé. Rientra in questo la responsabilità della storia, l’impegno per il bene comune, la promozione della giustizia e della pace. C’è però un solo Signore, ed è a lui, non ad altri, che dobbiamo rendere conto della nostra vita. La moneta appartiene a Cesare, la nostra vita solo a Dio. C’è un solo Signore e questa consapevolezza rappresenta una critica radicale ad ogni potere umano che voglia diventare assoluto. Che sia Cesare o qualcun altro dei potenti del nostro tempo, dobbiamo rispettare il loro impegno, consapevoli però di ciò che Dio anche oggi ripete: “Io sono il Signore e non c’è alcun altro; fuori di me non c’è Dio!”
O Padre, a te obbedisce ogni creatura; fa’ che ogni autorità serva al bene di tutti, secondo lo Spirito e la parola del tuo Figlio, e l’umanità intera riconosca te solo come unico Dio.
don Francesco, vostro parroco