“EFFATA’, APRITI!”
Il brano evangelico della 23^ domenica del tempo ordinario ci presenta un episodio di guarigione di un sordomuto. Il territorio dove avviene il miracolo non è ben definito, ma è sicuramente un luogo abitato da pagani. Gesù guarisce un sordomuto, quindi una persona che è priva della parola, perché non riesce a sentirla; una persona che non riesce a comunicare con nessuno e, quindi, per gli ebrei, da evitare, associando la malattia fisica a quella morale.
Gesù lo pone in disparte e ha cura di lui, parla con lui. Compie alcuni segni: gli mette le dita negli orecchi, come si fa nel rito del Battesimo nel gesto detto dell’Effatà, cioè “apriti”, torna a vivere. Il Signore offre a quest’uomo la possibilità di tornare a comunicare, tornare a sentire e a parlare, avere rapporti normali con la gente.
Questo testo non è un semplice brano di guarigione, ma appare già la nuova creazione, che si compie con Gesù. Nasce l’uomo nuovo capace di comunicare con tutti. Il gesto poi avviene lontano dalla folla, dal frastuono, poiché Dio agisce sempre nel segreto della nostra vita, puntando ad un contatto personale con la gente.
Da questo testo evangelico impariamo: 1. Prima di ogni parola, ci deve essere l’ascolto. Di fatto il sordomuto non parla, perché non riesce a capire. Ascoltare è la grande fatica di oggi! 2. La vera comunicazione nasce dal silenzio. 3. Il nostro modello di comunicazione è Dio, che non ha scelto la via della solitudine, ma della comunicazione. Un Dio che si rivela a noi nel silenzio, nella Parola, nell’incontro, che ci ama personalmente, ci chiama in disparte per renderci amici suoi. “Effatà, Signore, apri il mio cuore, la mia bocca, per testimoniare al mondo il Tuo Amore!”
don Francesco, vostro parroco