Che a messa ci vada solo il 20 per cento dei battezzati (quando va bene…), e che l’età media sia sempre più alta, è forse imputabile alle altre religioni? Che le regole di vita buona della fede cristiana valgano a seconda dei casi, è forse colta degli altri credenti?
Avete mai visto orde di musulmani o bande di buddisti che impediscono ai cristiani di entrare in cattedrale? Oppure ai giovani di frequentare il seminario?
Forse sono state ridotte le processioni perché i protestanti hanno chiesto di non farle? O sono state chiuse le chiese perché sono insorti gli induisti?
Il problema non sono gli altri, siamo noi. Perché, contrariamente al vociare confuso, ogni incontro non costituisce altro che motivo di indagine e di verifica innanzitutto su chi siamo noi, sulle nostre storie e tradizioni, sui nostri principi.
E’ solo in tal modo che l’altro diventa non un ostacolo, un avversario, un rivale, ma paradossalmente un facilitatore, per una migliore comprensione della nostra fede e della storia a cui apparteniamo.
Non va imputata agli altri la disaffezione al mondo, alle scelte di fede, alla necessità di conoscere; va addebitato a noi il dovere di superare l’ignoranza, e di essere onesti, soprattutto con noi stessi.
Centro per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso – Trento 2017