XXX Domenica del Tempo Ordinario

“CHI SI UMILIA SARA’ ESALTATO” 

Il Vangelo di questa 30^ domenica – ed è la terza consecutiva – parla della preghiera. Due settimane fa, con l’episodio dei dieci  lebbrosi risanati, uno solo dei quali torna a ringraziare, Gesù ha  richiamato il dovere della riconoscenza per gli innumerevoli benefici  del suo amore. Domenica scorsa, con la parabola della vedova  instancabile nel chiedere, ha esortato a pregare sempre, con  incrollabile fiducia. Oggi con un’altra parabola – specialmente rivolta  ad “alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e  disprezzavano gli altri” – mette a confronto due diversi modi di  rivolgersi a Dio. “Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era  fariseo e l’altro pubblicano” racconta Gesù nella parabola. Chi si  ritiene giusto, cioè a posto nei riguardi di Dio ed elenca una serie di  buone pratiche, dove il centro non è Dio, ma il proprio io. In più ha un  atteggiamento di presunzione nei riguardi del pubblicano (“non sono  come questo pubblicano!”), il quale sta a distanza, con lo sguardo  rivolto a terra, si batte il petto e chiede a Dio di avere pietà di lui. Il  pubblicano si affida alla bontà di Dio; il fariseo alla bontà del suo fare  e del suo non essere come gli altri. Il pubblicano – così si conclude la  parabola – tornò a casa sua giustificato, cioè toccato dalla grazia e  dall’amore di Dio, perché “chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece  si umilia sarà esaltato”.  

La preghiera del pubblicano è l’antidoto ad una vita  superficiale; è un vivere in profondità, rientrare in se stessi alla  ricerca di chi veramente siamo; è la scoperta riconoscente dei  doni ricevuti; è l’umile ammissione dei propri limiti confidando  nell’infinita misericordia di Dio. 

 don Francesco, vostro parroco